venerdì 10 ottobre 2025

Introduzione alla Psicologia analitica - Jung

Le conferenze di Basilea (1934) di Carl Gustav Jung. Trascritte da Roland Cahen. A cura di Elena Caramazza.    

Cap. I  Dal conscio all'inconscio.  Funzioni e strutture della Coscienza e dell'Inconscio.   La psicologia non è magia nera, è una scienza; la scienza della coscienza e d ei suoi dati; è anche la scienza dell'inconscio. L'inconscio è ciò di cui non siamo informati. L'inconscio deposita sulle spiagge della coscienza una valanga di apporti. Tutto quello di cui siamo coscienti, è associato all'IO attraverso la mediazione della coscienza.
La coscienza è intermittente e discontinua (metà o due terzi della nostra vita sono coscienti), il resto è formato da vita inconscia. Quello che si manifesta nei sogni è un residuo di coscienza. Mentre parliamo, ascoltiamo, agiamo il nostro inconscio continua a funzionare. 
I contenuti dell'inconscio sono di tre tipi: accessibili,  accessibili attraverso una mediazione, inaccessibili.
accessibili: non abbiamo coscienza dell'espressione del viso, di certi gesti, ma potremmo averne coscienza
accessibili attraverso mediazione:  non ricordi il nome di una persona, un luogo di risveglia ricordi d'infanzia, ecc. inaccessibili: ricordi dell'infanzia fino a 5 anni, o fino a 10... molte idee sonnecchiano nell'inconscio, come presentimenti e intuizioni.
La coscienza è uno strato superficiale fluttuante nell'oceano dell'inconscio.
Conscio + Inconscio costituiscono il dominio della psicologia.
La coscienza è una specie di organo di percezione e di orientamento diretto, verso il mondo ambiente. E' localizzata negli emisferi cerebrali.
Un capo degli indiani pueblos disse che si Pensa con il cuore. Per lui la coscienza intensa è formata dall'intensità del sentimento. Freud fa derivare l'inconscio dalla coscienza. Per Jung è l'opposto, l'elemento più arcaico è l'inconscio, dal quale a poco a poco emerge la coscienza.

Cosa è la coscienza?  Essere cosciente e percepire e riconoscere il mondo esterno, così come il proprio essere nelle sue relazioni con questo mondo esterno. E quindi riconoscere "se stesso". 
Che cosa è questo se stesso?  
E' innanzitutto il centro della coscienza; l'IO.  quando non esiste un ponte tra l'oggetto e l'Io, l'oggetto è inconscio, vale a dire come se non esistesse. 
La coscienza è una relazione psichica con un fatto centrale chiamato Io.
Che cosa è l'IO?  
L'Io è una entità complessa. Qualcosa che assomiglia a una condensazione e ad un accumulo di dati e di sensazioni, in esso figura la percezione del corpo nello spazio, sensazioni (caldo/freddo, ecc. ), e la percezione di stati affettivi. L'Io implica un amassa enorme di ricordi.  Si suppone che la coscienza originariamente sia sorta durante uno stato affettivo. 
Anche gli animali reagiscono a stati affettivi, come quando ricevono cibo o un c olpo, per questo si potrebbe dire che anche gli animali hanno un Io. 
E' importante per il nostro sviluppo avere una consapevolezza di noi stessi. L'egoismo, fino ad un certo grado, è una necessità.
Il primitivo è un maestro nell'arte di lasciar parlare l'inconscio e prestargli ascolto. 
La coscienza utilizza le sensazione per orientarsi nello spazio esterno.  Una volta che la sensazione ha constatato la presenza di un oggetto  nello spazio, una seconda funzione di conoscenza, il pensiero ci precisa ciò che una cosa è.  E questa sarà inserita nel flusso del passato  e del futuro. Attraverso l'intuizione (funzione irrazionale) cerchiamo di capire la loro evoluzione. Si usa l'intuizione soprattutto  in presenza di condizioni nuove o ambienti nuovi. 
Tra me e la cosa che sto per conoscere si sviluppa un sentimento (funzione razionale), che determina il valore che l'oggetto ha per me. 
Le funzioni di orientamento ci dicono se una cosa esiste, che cosa è per noi, da dove viene e dove va, e che cosa rappresenta per noi e ci permettono di orientarci nel nostro spazio psichico.  Se una di queste funzioni non viene utilizzata, parte dell'evento può venire impresso nell'inconscio.
Possiamo utilizzare attenzione e volontà (che sono dei poteri dell'IO)  per lavorare su queste funzioni.    Importante è anche il sentimento di libertà imperitura che è sempre vivo in noi e non si lascia scalfire da nessuna filosofia.
Nel nostro Sé ci sono parti integranti che hanno un'esistenza oscura e inconscia. 
Le quattro funzioni dell'Io sono: sentimento, intuizione, pensiero, sensazione.
Il tipo sensoriale vede le cose come sono, le cattura, vede difficilmente le loro relazioni. Il tipo intuitivo non vede le cose, guarda al di là dell'oggetto. 
Una incompatibilità analoga esiste tra pensiero e sentimento. Ciò che ha valore per me rientra nella sfera del sentimento. Il pensiero è più neutro. 
Queste distinzioni sono degli schemi che aiutano a orientarsi nel labirinto dei fatti psicologici. E permettono di determinare delle modalità dell'essere. 
L'IO può essere diviso in due parti: la parte cosciente dell'Io e la parte inconscia, il mondo dell'ombra, che non conosciamo. Così si spiega che scopriamo sempre qualcosa di nuovo di noi. Siamo eternamente incompiuti, cresciamo e  cambiamo. 
Tra gli elementi della nostra vita interiore possiamo inserire il ricordo e la memoria. la funzione della memoria ci lega a cose che sono sparite dalla nostra coscienza, che sono diventate sublimali, che sono state respinte o rimosse. 
Solo in casi particolari, ad esempio incidenti possiamo renderci conto della ricchezza interiore… il quadro che si offre alla memoria in circostanze normali è molto povero.  
nell'anima si accumulano le tendenze latenti a reagire in un certo modo a determinate situazioni.  Il corpo spesso ci serve psicologicamente per personificare la nostra ombra.
Dal mondo interiore provengono anche gli affetti. Non costituiscono una funzione volontaria, ma accadimenti interiori di cui siamo il campo.
L'uomo ha il temibile privilegio di allontanarsi da se stesso e di abbandonare una parte del suo essere. Questo accade a ciascuno di noi, ma in proporzioni diverse ed essenzialmente individuali.
Jung chiama il sentimento una funzione razionale. l'espressione razionale si riferisce, in primo luogo,  al pensiero, ma anche il sentimento formula dei giudizi. Giudichiamo anche con il nostro sentimento, che ha una sua logica particolare.  
Ci sono quattro funzioni ( Le quattro funzioni dell'Io sono: sentimento, intuizione, pensiero, sensazione) che contribuiscono a orientare la coscienza e abbiamo affrontato il tema dell'orientamento nello spazio psichico interiore. Ci sono tre elementi che aiutano in questo: la memoria, i contributi soggettivi delle funzioni, gli affetti.  


A questi tre elementi si aggiunge l'irruzione dell'inconscio, dei contenuti inconsci sorgono e si manifestano improvvisamente nella coscienza. 
La parte dell'IO che è in luce, il versante della coscienza, detiene il privilegio della volontà; L'Io cosciente è in grado di disporre, fino ad un certo grado, delle funzioni della coscienza che possono dirigersi dove vogliono. La volontà ha una debole efficacia sulle emozioni e sugli strati profondi della psiche.
Esistono due grandi classi di individui: gli estroversi che comunicano con una sorprendente facilità le difficoltà che si vivono e gli introversi che si ritirano dalla cerchia di amici, sprofondano in se stessi.
 
Cap II. associazioni.  Tra i metodi per esplorare l'inconscio ci sono le associazioni. Si propone al soggetto una lista di parole induttrici (max 50) e si aspetta una sua reazione e una risposta con una sola parola. Si ha spesso una reazione quando queste parole toccano la zona intima tabù, producono un'eco nella zona dell'anima; si crea un'automatismo. da queste risposte emerge un profilo della persona.
Spesso il ritratto che danno i pazienti di loro stessi è totalmente diverso dalla vera realtà, che si deduce con questo sistema di associazioni. Nella lista di parole induttrici critiche abbiamo: pregare, separare, sposarsi, litigare, famiglia, felicità, sbagliato, baciare, scegliere, contento.
Fenomeno psicogalvanico; il suo principio è il seguente: si sa da molto tempo che sono le manifestazioni affettive che influenzano principalmente il sistema nervoso simpatico, sistema che preside il funzionamento vegetativo dell'organismo. Gli affetti agisco sul cuore, sui capillari sanguigni della mano, ecc.  Quindi mettendo degli elettrodi sulle mani, possiamo registrare il tempo di reazione e  le reazioni emotive alle parole induttrici attraverso dei raggi luminosi. Attraverso un pneumografo si può anche registrare il ritmo e l'ampiezza del respiro. 
Cos' il fenomeno psicogalvanico, completato dalla pneumografia, prova in modo inoppugnabile l'esattezza della nostra ipotesi, ossia che i nostri complessi costituiscono delle entità affettive. 
Altro aspetto che Jung ha esaminato è l'interdipendenza psichica intrafamiliare, avvalendosi anche qui di associazioni; ad una parola induttrice venivano proposte varie risposte. Dai dati ricavò che il 30% dei processi mentali die diversi membri della famiglia erano identici. Esistono degli enormi legami.
Il complesso è un contenuto psichico a tonalità affettiva che può essere inconscio, sia cosciente in gradi diversi, e si creano delle relazioni simboliche tra le parole induttrici e il complesso. Il complesso costituisce un'entità psichica separata, sottratta al controllo gerarchizzante dell'IO, e l'individuo vive momentaneamente in funzione del suo complesso, e si perde un po' di obiettività. 
In gergo psicologico questo fenomeno è chiamato perdita della libido (energia psichica), perché questa è stata captata altrove.  Il complesso più importante è il complesso dell'IO che è particolare, perchè l'IO è dotato di coscienza.  La perdita della libito (energia psochica) lascia delle tracce nel corpo, che poi possono manifestarsi in disturbi e isterie.
 
Cap. III.  Dal sogno al mito.  I sogni, per il modo in cui appaiono, tradiscono una singolare parentela con i complessi. Freud ha proposto il metodo delle associazioni libere: prendere un'immagine del sogno ed associare a questa tutte le idee che venivano in mente al sognatore. Jung pensava ad interpretare i sogni senza arrivare al magma dei complessi che sono assopiti in ogni sognatore. 
Nell'interpretazione dei sogni , entrano in gioco altre nozioni importanti, come quella di archetipo, espressione che designa  un'immagine originaria, che esiste nell'inconscio. L'archetipo è anche una forma di complesso, ma non è il frutto di un'esperienza personale, ma è un complesso innato. Il drago è un archetipo, l'individuo per crescere devo incontrare il drago.
L'inizio di una nevrosi o psicosi è frequentemente segnalato dall'apparizione di sogni che hanno una grande importanza per le indicazioni che contengono sulle cause e sul significato del disturbo che sta per esplodere.  I sogni sono accompagnati da uno stato di turbamento e dalla scomparsa della sensazione di sicurezza inerente l a vita normale. Molto importanti sono anche i sogni della prima infanzia.  La filosofia giapponese dice: "quando sei solo e credi di poter fare quello che vuoi, non dimenticarti del vecchio saggio che abita nel tuo cuore", Questo vecchio saggio è l'incarnazione vivente in noi delle immagini archetipe.   Spesso i genitori, inconsapevoli di sé, proiettano sui figli, complessi e colpe che credevano di aver soffocato definitivamente in loro.
La psicologia è la scienza che ci è più indispensabile; appare, infatti, con chiarezza che non sono né la fame, né i terremoti, né i microbi, né il cancro, bensì l'uomo stesso che costituisce il pericolo maggiore per l'uomo. Il pericolo psichico è il pericolo maggiore che emana dalla massa, in seno alla  quale gli effetti dell'inconscio si accumulano, imbavagliando, allora, e soffocando le istanze ragionevoli della coscienza.

In Asia le proteste le fanno i giovani

I giovani riescono a rovesciare i governi: negli ultimi anni è successo in Sri Lanka, in Bangladesh e ora anche in Nepal, con modalità per molti versi simili.
Le proteste in Nepal, che la settimana scorsa hanno portato al rovesciamento del governo e alla nomina di un nuovo esecutivo ad interim guidato dall’ex presidente della Corte suprema Sushila Karki, sono le più recenti di una serie di rivolte antigovernative che negli ultimi anni hanno coinvolto vari paesi dell’Asia meridionale e del sud-est asiatico, tra cui principalmente Bangladesh, Indonesia e Sri Lanka, oltre al Nepal. Tutte queste proteste hanno avuto molti elementi in comune, tanto che molti media le hanno raggruppate in un unico fenomeno e qualcuno ha parlato perfino di una «primavera asiatica» (un riferimento alla primavera araba, un movimento di proteste popolari che a partire dal 2011 cercò di rovesciare molti governi del Medio Oriente). È un paragone azzardato, ma i punti in comune tra le varie rivolte asiatiche sono importanti.


Anzitutto sono proteste giovanili. In Nepal si è parlato proprio di proteste della Gen Z, la “generazione Z” che comprende le persone nate fra il 1997 e il 2012, perché molti dei manifestanti erano giovanissimi, e alcuni erano scesi in strada con indosso le divise scolastiche.
Nel 2022 decine di migliaia di giovani protestarono a Colombo, la capitale commerciale dello Sri Lanka, fino a costringere il presidente Gotabaya Rajapaksa a fuggire e lasciare il governo. Due anni dopo, tra il luglio e l’agosto del 2024, furono gli studenti universitari ad animare le proteste in Bangladesh, dove i rivoltosi costrinsero la prima ministra autoritaria Sheikh Hasina a dimettersi e a lasciare il paese.
L’Indonesia avrebbe potuto seguire un percorso simile: ad agosto di quest’anno migliaia di giovani cominciarono a protestare contro il governo del presidente autoritario Prabowo Subianto, che però è riuscito a tenere il controllo della situazione grazie al sostegno dell’esercito, e negli ultimi mesi ha ricominciato a rafforzare il suo potere.
Il fatto che alle proteste partecipino soprattutto persone giovani è un po’ una conseguenza della demografia: in Asia l’età mediana, quella che divide la popolazione in due, è di 31 anni; in Nepal e Bangladesh è di 25 anni circa, in Indonesia è di 30, in Sri Lanka è di 32. I giovani sono tanti, politicamente attivi e costituiscono una forza politica importante (in Italia l’età mediana è di 48,7 anni, la più alta nell’Unione Europea).
In tutti e quattro i paesi inoltre i giovani hanno protestato contro una classe dirigente ritenuta anziana, corrotta e inefficace, e le proteste sono sempre state scatenate da un evento percepito come un caso di eccessiva corruzione o come un sopruso.
In Nepal il governo voleva chiudere alcuni social media dopo che avevano cominciato a diffondersi online critiche e meme sulla vita opulenta delle famiglie dei politici; in Sri Lanka le proteste sono cominciate a causa di una crisi economica che stava provocando blackout e carenza di cibo e carburante; in Bangladesh la causa era stata una legge che avrebbe favorito le persone affiliate al partito di governo nell’ottenimento di incarichi nella pubblica amministrazione; in Indonesia le proteste sono cominciate quando i parlamentari si sono attribuiti una diaria di 3mila dollari al mese, una cifra enorme per il paese.
I leader rovesciati di Nepal, Sri Lanka e Bangladesh, inoltre, avevano tutti più di 70 anni. In tutti e quattro i paesi, quando sono cominciate le proteste l’economia stava vivendo un periodo di difficoltà, l’economia informale (cioè il lavoro in nero) era molto diffusa e la disoccupazione giovanile era alta: tutte cose che contribuiscono ad alimentare la rabbia di molti abitanti.
Nonostante i molti punti di contatto, ciascuna di queste proteste ha ovviamente ragioni e circostanze molto specifiche, e ciascuna ha avuto esiti differenti. In Nepal è ancora presto per capire cosa succederà, mentre in Indonesia non è caduto il governo ma il presidente ha promesso di eliminare la diaria per i parlamentari. In Bangladesh dopo le proteste fu nominato primo ministro ad interim il premio Nobel per l’economia Muhammad Yunus. Ad agosto di quest’anno, dopo mesi di attesa e alcune polemiche, Yunus ha annunciato che nel febbraio del 2026 dovrebbe esserci nuove elezioni.
In Sri Lanka le elezioni si sono tenute nel 2024: le vinse Anura Kumara Dissanayake, un politico cinquantenne che ha promesso di eliminare la corruzione e risollevare l’economia. L’anno scorso il paese ha avuto una forte crescita, che però potrebbe rallentare un po’ quest’anno.

Nobel per la Pace a Maria Corina Machado

Il Nobel per la Pace è stato assegnato all'oppositrice venezuelana Maria Corina Machado (1967-). 

Il premio, questo è l'annuncio, va a una "coraggiosa e impegnata paladino della pace", "una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un'oscurità crescente".  Il riconoscimento, si legge nella motivazione, le è stato conferito "per il suo instancabile lavoro nella promozione dei diritti democratici del popolo venezuelano e per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia".

"Mara Corina Machado è una delle figure civili più straordinarie del coraggio latinoamericano dei nostri tempi"; sotto la sua guida, "l'opposizione venezuelana, a lungo divisa, è riuscita a trovare un terreno comune nella richiesta di elezioni libere e di un governo rappresentativo".

María Corina Machado Parisca è stata deputata dell'Assemblea nazionale del Venezuela dal 2011 al 2014, fondatrice del movimento politico Vente Venezuela, co-fondatrice della ONG Súmate e membro, insieme ad Antonio Ledezma e Diego Arria, della piattaforma cittadina "Io sono il Venezuela".

Il Venezuela, dopo il processo elettorale del 28 luglio scorso che ha confermato al potere il presidente Nicolás Maduro, "è passato da un Paese relativamente democratico e prospero a uno Stato brutale e autoritario, oggi afflitto da una grave crisi economica e umanitaria". "La macchina della violenza statale è rivolta contro la sua stessa popolazione, e quasi otto milioni di persone hanno lasciato il Paese".

l’Onu e altri organismi internazionali denunciano le violazioni dei diritti umani in Venezuela.

 Machado è la prima venezuelana e la sesta personalità latinoamericana a ricevere il Nobel per la Pace. 

Incredible India Festival

Le scuole di Yoga presenti all'evento sono state: 
 Ananda Sangha,  Associazione Ananda, Brahmakumaris, Centro Yoga Swami-Vishnu Roma,  Cento di Yoga Self Realization Fellowship,  Ikyta , Iyengar Yoga Italia,  Federazione Italian Yoga, HeartFulness, Janine Caludia Nizza Vinyasa Yoga, Sahaja Yoga, Sarvayoga International, Sonia Bali, Sri Sri School of Yoga, The Art of Living, Unione Induista Italiana. 

Insegnare yoga

 𝗜𝗻𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝘂𝗻’𝗲𝘀𝗶𝗯𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. È 𝘂𝗻 𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝘀𝗽𝗼𝗻𝘀𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀.

Insegnare yoga non è per tutti. Non basta conoscere. Non basta praticare.

Insegnare significa essere in grado di sostenere il percorso degli altri senza spostare il centro su di sé.

Quando si assume un ruolo, si cambia voce, si cerca approvazione, quando si ha bisogno di essere seguiti per sentirsi autorevoli, quando l’insegnamento diventa un modo per colmare il proprio vuoto, è lì che si rivela il fraintendimento.

L’insegnante di yoga non usa la posizione per affermarsi. Non cerca seguaci. Non trasmette da un piedistallo. Condivide ciò che ha compreso. Mantiene la direzione. Rimane presente. È umile, ma saldo.

Parla poco, ma con chiarezza.  Non ha bisogno di apparire diverso da com’è.

E proprio per questo può essere ascoltato, e quello che trasmette, arriva.

Aumentano le scuole con più alunni stranieri che italiani

In una scuola primaria di Mestre, in un quartiere multietnico, in tre classi prime, di circa 20 bambini ciascuna, la stragrande maggioranza degli alunni è straniera.  Un contesto multiculturale arricchito da numerose iniziative e servizi messi a disposizione dal Comune di Venezia.
Ma questa volta i numeri stanno facendo discutere: su 61 «primini» solo 11 sono cittadini italiani. Di questi solo due hanno i genitori italiani da più generazioni. Una situazione accentuata nelle proporzioni, ma non così rara. 

Basti prendere in considerazione due dati: negli ultimi 25 anni il numero di residenti stranieri è passato da 1,3 milioni a 5,4 milioni (con un’incidenza sul totale dal 2,2% al 9,2%). Nello stesso periodo l’indice di fecondità in Italia è sceso dal già basso 1,25 per donna a 1,14, un livello gravemente insufficiente per il ricambio generazionale. Solo nell’ultimo decennio le nascite sono diminuite del 26%. Inevitabili gli effetti sul sistema di istruzione. Fenomeni – quello del calo complessivo di alunni e della maggiore incidenza percentuale di alunni stranieri – che la scuola italiana sta gestendo da anni, senza fare troppo rumore.

Diverse famiglie italiane residenti nel quartiere hanno optano per la scuola privata della stessa zona. Tuttavia, occorre precisare che la quota del 30% di alunni stranieri per classe riguarda esclusivamente i NAI (neoarrivati in Italia). 
Il fenomeno della crescente presenza di alunni stranieri nelle nostre scuole non va letto come un problema, ma come un’opportunità di crescita e trasformazione. “L’immigrazione, se accompagnata da politiche educative solide, è una risorsa per l’intero sistema scolastico e per la società. Il diritto all’istruzione di ogni bambino è sacro, e va garantito con la massima attenzione, indipendentemente dalla provenienza culturale o linguistica”.

 Negli ultimi due anni gli allievi in Veneto sono diminuiti di 18.000 unità. Le proiezioni per le scuole dell’infanzia ci dicono che questo trend è destinato a rafforzarsi”. 

Che fare? “È necessario adattare i modelli educativi: introdurre metodologie didattiche più inclusive, strumenti attivi come il gioco, il teatro, la musica, che facilitino l’apprendimento della lingua italiana e il dialogo interculturale”. Infatti “in alcune classi, i bambini tendono a parlarsi tra loro in lingue diverse dall’italiano, e questo può creare una barriera. 

È proprio per questo che la scuola deve diventare il luogo in cui la lingua italiana unisce, non divide. L’intervento della scuola non è solo linguistico, ma anche sociale e culturale: formare cittadini significa creare spazi di incontro, non di separazione”. 

Vedi:  https://www.lenius.it/studenti-stranieri-in-italia/ 

La scienza e il potere del silenzio, della preghiera e della meditazione

Vladimir Poponin, leader nel campo della biologia quantistica,  afferma che esiste una relazione tra il DNA e le qualità della luce, misurata in fotoni e  ha descritto una serie di esperimenti secondi cui il DNA umano influenza direttamente il mondo fisico. Fenomeno che si verifica anche in assenza di DNA, su molecole non collegate al cervello di un essere vivente cosciente. E questo  effetto permane anche dopo che il materiale biologico è scomparso. 

Le emozioni, scaturite dai sentimenti sono una forma di energia molto simile alla luce e fotoni;  l'insieme di tutte le emozioni formano un campo che influenza  e condiziona il comportamenti degli esseri viventi.  

La preghiera ha effetto sul mondo fisico e se un singolo sentimento o emozione ha la proprietà di influire sul contesto circostante, quale può essere il suo effetto nella sommatoria di miliardi di persone? 
Il silenzio è la frequenza su cui Dio parla. Con il silenzio, la meditazione e la preghiera l’uomo entra in contatto con la sua vera natura, con l’essenza stessa delle cose.  Se la preghiera è invocazione, ardore, commozione, passione, desiderio, ci sintonizza con l’ordine supremo delle cose e manifesta i suoi benefici effetti. 
Ciò che conta nella preghiera non è le cose che si dicono ma l’intensità  con cui si sentono. Occorre far il vuoto dentro se stessi, essere liberi da ogni interferenza disarmonica dell’Io e della singola tempesta mentale. Occorre pregare con il cuore più che con le labbra, con l’anima più che con la mente. La preghiera non è un elenco delle nostre necessità: è un canto d’amore, di gratitudine: un cosmico abbraccio che invoca amore per tutto ciò che vive.
In un ospedale furono fatti esperimenti per verificare l’efficacia della preghiera nella guarigione degli ammalati. Un gruppo di persone si rese disponibile a pregare per alcuni degenti scelti a caso. Il risultato fu che questi guarivano prima di altri. Furono fatte altre prove, ma questa volta si associarono dei numeri alle persone ammalate in modo che non si sapesse per chi si stava pregando. Anche in questo caso i risultati furono sorprendenti. Le persone abbinate a dei numeri a loro insaputa, guarirono prima delle altre.

Lo yoga, figlio del ’68

Come la controcultura ha trasformato una disciplina ascetica in un prodotto da palestra. Articolo di Pier Paolo Bottin

Quando Carl Gustav Jung introdusse lo yoga nella cultura europea, lo fece con l’atteggiamento dell’esploratore che riconosce nella disciplina orientale non tanto una ginnastica esotica, quanto un sistema simbolico capace di dialogare con l’inconscio collettivo. Lo yoga era per lui un linguaggio dell’anima, un ponte tra conscio e inconscio, un percorso di individuazione. Ma quell’ingresso solenne e rispettoso nel pensiero occidentale fu solo il preludio a una mutazione radicale. Nel giro di pochi decenni, ciò che per secoli era stato via ascetica, sadhana, strumento per trascendere il sé e dissolvere l’ego, sarebbe stato trasformato in tutt’altro: un rito di consumo, una terapia soft, un simbolo di appartenenza alla cultura del benessere. La svolta avvenne negli anni Sessanta, nel clima infiammato di contestazione e liberazione che segnò un’intera generazione.

Il Sessantotto fu più di un movimento politico: fu un terremoto antropologico. Nacque come ribellione contro l’autorità, l’ordine patriarcale, la disciplina, ma presto si trasformò in un culto della spontaneità, della liberazione personale, del corpo come territorio politico e sacrale. Fu in quel contesto che lo yoga, arrivato in Europa come sapere iniziatico, venne riscritto per adattarsi ai nuovi bisogni di massa: bisogno di sciogliere le tensioni, di ritrovare se stessi, di esplorare l’interiorità senza sottomettersi ad alcuna struttura gerarchica. L’idea originaria di disciplina, con la sua pazienza monastica e la sua fatica quotidiana, risultava incompatibile con la retorica della liberazione immediata. Così la pratica ascetica si piegò al nuovo spirito dei tempi, diventando uno strumento di “esperienza” più che di trasformazione.

Il risultato fu un ibrido che oggi chiamiamo, senza pensarci troppo, “yoga”. Un fenomeno di massa fatto di tappetini colorati, centri wellness e influencer spirituali, dove la postura sostituisce la ricerca, la respirazione prende il posto della trascendenza e il corpo diventa non più veicolo di dissoluzione dell’ego ma terreno di estetica, performance e piacere. La spiritualità orientale, spogliata della sua austerità e del suo carattere iniziatico, venne ridotta a rituale rassicurante per individui disorientati, incapaci di sostenere la frizione tra dolore e crescita. L’Occidente, figlio del Sessantotto, trasformò il sentiero dello yoga in un percorso terapeutico senza meta, adatto a una società che voleva sentirsi libera ma non disciplinata, trasformata ma senza sacrificio.

Dietro lo yoga occidentale, dunque, non c’è soltanto un fraintendimento culturale: c’è una precisa genealogia storica. È figlio del ’68 non solo perché nasce nello stesso clima, ma perché ne incarna perfettamente le contraddizioni. Come il movimento studentesco, predica liberazione ma teme l’autorità; come la controcultura psichedelica, promette espansione di coscienza ma rifiuta le strutture che la renderebbero stabile; come le comuni e le utopie dell’epoca, confonde il momento con il cammino, la sensazione con la conoscenza. Il paradosso è che, nel tentativo di liberarsi dalle gabbie del passato, ha costruito nuove gabbie più sottili: quelle dell’eterna ricerca di benessere, dell’ossessione per il corpo e dell’illusione che basti “sentirsi meglio” per essere trasformati.

Così oggi milioni di occidentali praticano yoga convinti di partecipare a un’antica tradizione spirituale, mentre in realtà vivono un rituale moderno nato nel dopoguerra e modellato sulle esigenze della società dei consumi. Uno yoga che non pretende più nulla, che non chiede dedizione né silenzio, che consola invece di trasformare. È il riflesso diretto di quella stagione del Sessantotto che fece della libertà un assoluto e della disciplina un nemico, dimenticando che senza disciplina non c’è libertà, ma soltanto impulso.

Riconoscere questa genealogia non significa disprezzare chi pratica yoga oggi. Significa capire che la forma in cui lo conosciamo è il prodotto di un’epoca precisa, di un bisogno collettivo, di un compromesso storico tra Oriente e Occidente, tra ascesi e comfort, tra spiritualità e mercato. Lo yoga occidentale non discende dai rishi vedici ma dai figli del maggio francese; non è il frutto di millenni di sadhana ma di pochi decenni di controcultura. È figlio del ’68: bello e fragile, ribelle e addomesticato, rivoluzionario e commerciale al tempo stesso. Ed è solo riconoscendo questa origine che possiamo finalmente smettere di confonderlo con ciò che non è.

Lo Yoga non è più un percorso di emancipazione spirituale

Negli ultimi anni c’è stato un gran fiorire di nuovi stili nello Yoga che propongono l’esecuzione dinamica degli asana (Vinyasa, Flow Yoga); dopo secoli e secoli in cui nessuno aveva mai sentito la necessità di innovazioni o di cambiamenti nello Yoga classico di Patanjali, si affermano dunque queste scuole che non colgono l’importanza dell’immobilità della postura.

Senza negare l’utilità delle esecuzioni dinamiche, se usate come pratiche preparatorie o di riscaldamento (si pensi al saluto al sole), questi nuovi stili sembrano ignorare che l’immobilità costituisce il primo requisito dell’asana secondo lo Yoga Sutra (2,46).

La parola ‘Sthira’ che usa il testo per definire questa condizione vuol dire ‘solido’, ‘compatto’, ‘immobile’; l’asana, magari in una variante semplificata, è quindi sempre una posizione statica, una condizione che non è così semplice da mantenere a lungo come si crede perché l’immobilità non appartiene alla natura dell’uomo, per lo meno nello stato di veglia. L’uomo è fatto per agire, per muoversi, per parlare, per relazionarsi e si trova pertanto a essere impegnato in una condizione insolita e, a volte, sgradevole per lui.

L’asana rappresenta quindi la conquista dell’immobilità e dell’imperturbabilità durante la sua esecuzione, ma se l’asana è un dettaglio dello Yoga di Patanjali (un dettaglio importante, naturalmente), l’immobilità (tra virgolette) costituisce invece la struttura portante, il filo conduttore stesso dell’Ashthanga Yoga, che attraversa e unisce in un tutto unico i suoi otto anga fino a farne un corpo omogeneo; a livello degli asana questa ‘immobilità’ si manifesta nella fisicità della postura, ossia nell’immobilità del corpo; nell’anga successivo, il pranayama, si esprime a un livello più sottile, con la sospensione del respiro, ottenuta allungando le pause fisiologiche della respirazione.

Nel pratyahara (quinto anga) la stessa ‘immobilità’ consisterà nell’introspezione, cioè nell’inibizione della propensione naturale a seguire gli impulsi dei sensi, che trascinano l’attenzione verso il mondo esterno.

Nel processo di meditazione che comprende gli ultimi tre anga, dharana, dhyana e samadhi, l’immobilità in questione riguarderà la mente: il Sutra dice che in questa condizione essa diventa priva, per così dire, della propria natura, che è quella di osservare, conoscere, giudicare, sperimentare. La mente abbandona in questa fase ogni pensiero e concentra l’attenzione su un oggetto che rappresenta simbolicamente la nostra vera natura, la nostra realtà spirituale. Realtà che si palesa solo quando inibiamo il complesso psicofisico che fa capo al nostro ego, quando abbandoniamo il nostro abituale modo ego-centrico di pensare, di relazionarci, di comportarci.

L’abbandono (temporaneo) delle nostre caratteristiche individuali, necessario all’esperienza del samadhi, va preparato inoltre con la pratica di yama e niyama, i primi due anga che costituiscono l’etica dello yogin, dove qui l’immobilità consiste nel controllo del comportamento, nel non seguire passivamente, nel non compiacere sempre e comunque il nostro ego.

La deviazione dallo Yoga classico pare dovuta, dunque, alla mancata considerazione dei requisiti fondamentali che un asana deve presentare, oltre che dall’incomprensione di ciò che rappresenta l’Ashthanga Yoga. Così la prospettiva del praticante non è più la liberazione (kaivalya), lo Yoga non è più un percorso di emancipazione spirituale, ma una pratica che guarda al fitness o alla fisioterapia.

Incontri con il cinema buddhista

La Fondazione Maitreya è un punto di riferimento in Italia per lo studio, la diffusione e la riflessione sulla cultura buddhista nelle sue molteplici forme. Fondata nel 1984 da Vincenzo Piga (1923-1998), pioniere del buddhismo in Italia e promotore dell’Unione Buddhista Italiana, la Fondazione si distingue per il suo approccio laico, interdisciplinare e non settario. La presidente attuale, Maria Angela Falà, prosegue con rigore e sensibilità questo percorso, guidando l’istituto in un dialogo costante tra oriente e occidente, tradizione e contemporaneità.  Con sedi a Roma, Milano, Napoli e Livorno e un centro residenziale di ritiri e seminari in Sabina (Mompeo – Ri) la Fondazione promuove iniziative culturali, editoriali e formative, che vanno dallo studio dei testi canonici alle pratiche di meditazione e seminari esperienziali, dagli incontri pubblici alle rassegne cinematografiche. In particolare, si impegna a presentare il buddhismo non come dottrina religiosa in senso stretto, ma come disciplina etica, filosofia di vita e visione dell’esistenza capace di rispondere alle sfide del presente.

Tra gli ambiti centrali di attività vi è la divulgazione del pensiero buddhista nelle sue diverse scuole – Theravāda, Mahāyāna, Vajrayāna – e la promozione di un dialogo interreligioso aperto e profondo. E’ uno dei centri fondatori dell’Unione Buddhista Italiana e dal 1987 è associata all’European Buddhist Union. Collabora attivamente con istituzioni, università e centri di ricerca, sia italiani che internazionali.

Negli ultimi anni, la Fondazione ha dato impulso a progetti innovativi che uniscono la spiritualità alla creatività contemporanea, come la rassegna “Incontri con il Cinema Buddhista”, che utilizza il linguaggio cinematografico per esplorare i temi della consapevolezza, della sofferenza, della compassione e del risveglio. Iniziative come questa confermano l’impegno della Fondazione a rendere attuali e accessibili i principi del buddhismo, offrendo strumenti di riflessione e trasformazione individuale e collettiva. La Fondazione Maitreya si propone oggi come un luogo di ascolto, studio e pratica, capace di coltivare semi di pace interiore e responsabilità condivisa, in un tempo in cui il bisogno di senso e connessione è più urgente che mai. 

Fondazione Maitreya, Roma,  Via Clementina 7,  00184,     roma@maitreya.it ,  +39 333.2328096  www.asiaticafilmfestival.it    info@maitreya.it  

la Fondazione Maitreya propone,  nella quarta edizione, 15 opere – tra lungometraggi, mediometraggi e corti – provenienti da Bhutan, Cina, Corea del Sud, Giappone, Nepal, Polonia, Svizzera, USA e India che presentano il buddismo come religione, disciplina, filosofia, teologia, mitologia, tradizione pittorica e letteraria tra documentari, fiction e corti selezionati. La rassegna ideata da Maria Angela Falà, presidente della Fondazione Maitreya, con la direzione artistica di Italo Spinelli.   Dal 2021, la rassegna ha presentato oltre cinquanta film da tutto il mondo. 

In un mondo attraversato da conflitti, fratture sociali e crisi ambientali, la rassegna apre uno spazio di riflessione su cosa significhi vivere con consapevolezza oggi.  Il cinema è lo strumento ideale per restituire l’attualità di temi spirituali e sociali che parlano al cuore dell’essere umano: «Il buddhismo ci invita a ripensare la relazione come arte di vivere, e i film selezionati ne sono una testimonianza intensa». Incontri con il Cinema Buddhista 2025 si conferma dunque come un appuntamento imprescindibile per chi desidera scoprire come il buddhismo possa ancora illuminare il nostro tempo attraverso lo sguardo del cinema.    Le opere presentate sono: 

  • Loving Karma di Johnny Burke e Andrew Hinton, è dedicato al lama Lobsang Phuntsok e al suo rifugio per bambini svantaggiati nell’Himalaya. India 2025
  • Agent of Happiness (Bhutan), viaggio tra gli “agenti della felicità” che misurano il benessere dei cittadini al di là del PIL. Regista: Arun Battahari, Dorottya Zurbó Paese: Buthan, Ungheria Anno: 2024
  • Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera, Regista: Kim Ki-duk Paese: Corea del sud Anno: 2003.  
  • My Lens, My Land, girato nelle praterie dell’Amdo tibetano. Regista: Ke Chen Paese: USA Anno: 2024 
  • The Dalai Lama’s Gift, che ripropone immagini storiche dell’iniziazione al Kalachakra nel Wisconsin del 1980. Regista: Ed Bastian Paese: USA Anno: 2024
  •  Cracked Goddess, Regista: Colin Still Paese: USA Anno: 2006
  • What Were They Like, Regista: Colin Still Paese: USA Anno: 2003 
  • No More to Say and Nothing to Weep For, omaggio ad Allen Ginsberg e alla sua connessione con il buddhismo zen.  Regista: Colin Still Paese: USA Anno: 1997 
  • Father Death, Regista: Colin Still Paese: USA Anno: 1997  
  • Hema Hema: Sing Me a Song While I Wait di Khyentse Norbu, opera visionaria tra identità, desiderio e maschere rituali. Paese: Buthan, Hong Kong Anno: 2016
  • Seeking di Yang Yuan, intreccia il percorso di una giovane tibetana con la memoria del padre devoto al buddhismo. Giappone 2025
  • Dancing with the Dead, dedicato al poeta e traduttore Bill Porter, Red Pine and the Art of Translation,  Regista: Ward Serrill , Paese: USA Anno: 2023
  • Wisdom of Happiness, conversazione intima con il Dalai Lama sul senso autentico della felicità.  Regista: Philip Delaquis e Barbara Miller Paese: Svizzera USA Anno: 2024
  • Sapana | Himalayan Trek to Dreams  di Cezary Adamski, un reportage documentario di una straordinaria spedizione, Paese: Nepal, Polonia Anno: 2025 
  • Mola: A Tibetan Tale of Love and Loss, toccante storia di una monaca centenaria costretta all’esilio. Regista: Martin Brauen, Yangzom Brauen Paese: USA, Svizzera Anno: 2024

2024

  • Myanmar Diaries, Myanmar Collective (70′)
  • Snow Leopard, Pema Tseden (109′)
  • Song of Souls, Sai Naw Kham (72′)
  • Angry Buddha, Stefan Ludwig (98′)
  • Carving the Divine, Yujiro Seki (99′)
  •  I am the river the river is me, Petr Lom (88′)
  • Pig at the Crossing, Khyentse Norbu (122′)
  • Samsara, Lois Patiño (113′)
  • Samsara, Pan Nalin (138′)
  • Il Cielo è mio, Ayoub Naseri (65′)
  • Song of Souls, Sai Naw Kham (72′)
  • The Altar, Moe Myat May Zarchi (10′)

 2023   

  • ”Karmalink” di Jake Watchel Cambogia 2021 
  •   Alms di Edward Burger Cina 2010, 26’ In un remoto monastero buddista, tra le montagne della Cina meridionale, il capo cuoco della comunità spiega quali siano le abitudini alimentari dei monaci, la coltivazione tradizionale e il senso dell’offerta rituale tra i monaci di clausura che si dedicano alla pratica della meditazione.
  •  "Dark Red Forest” di Jin Huaquing,  Cina 2021, 85’, Nel Monastero di Yarchen, tra le montagne tibetane, si riunisce ogni anno un gruppo di monache. Intabarrate in minuscoli baracchini, trascorrono i cento giorni più freddi dell’anno meditando su questioni di vita o di morte, di sofferenza e guarigione, di karma e conseguenze. 
  • "The Silent Echo”  corto di  Suman Sen  Nepal 2021 , 15’ Quattro bambini nepalesi e la loro gioiosa band,   nelle remote montagne del Mustang, trascorrono le giornate all’interno di un autobus abbandonato, cantando e facendo musica. Che accade quando scendono a vall?
  •  "Golden Kingdom"  del regista Brian Perkins Birmania 2015, 104’ Quattro orfani, monaci novizi, vivono in un monastero buddista in una zona remota del Myanmar. Quando il loro maestro parte per un lungo viaggio, i ragazzi si ritrovano a vivere da soli nel mezzo della foresta, fronteggiando strani e a volte magici eventi.
  • “The Mountain Path” di  Edward Burger Cina 2021,  96’ Il regista riporta il proprio viaggio e la propria esperienza tra le montagne della Cina, alla ricerca di un eremita buddista che possa fargli da Maestro. 
  •  “Walker”,di Tsai Ming Liang Hong Kong 2012, 25’, Un monaco buddista cammina a capo chino e rasato tra le strade di Hong Kong, avviando un atto performativo e meditativo in netta contrapposizione con la vita frenetica che gli scorre intorno contrappunto ipnotico alla frenesia metropolitamana. 
  •  "L’arpa Birmana” di Kon Ichikawa  Giappone 1956 , 116’ Una pattuglia di soldati giapponesi, nella Birmania del 1945, si ritira nella giungla per tentare di raggiungere il confine thailandese. Il giovane Mizushima, sconvolto dagli orrori della guerra, si ritrova a prendere delle scelte che cambiano il corso della sua esistenza.
  •  “Tukdam: between worlds” di Donagh Coleman Finlandia 2022,  91’ In quello che i tibetani chiamano “Tukdam”, i meditatori deceduti non mostrano segni di morte per giorni o settimane. Sebbene siano morti secondo i nostri standard biomedici, spesso rimangono seduti in meditazione, senza cambiamenti fisici e senza decomporsi per giorni. Il fenomeno è documentato in una prospettiva  
  •     “Yomigaeru”di Alessandro Trapani Italia 2021 , 65’ Testimonianza in presa diretta di un viaggio di un musicista jazz , Giuseppe Bassi, che dall’Ilva di Taranto va  a Fukushima, colpita dallo tsunami e dal disastro della centrale nucleare.      ***
  •   “Buddha in Africa” di Nichole Shafer, Sudafrica – Svezia 2019, 90’ In un orfanotrofio buddista in Africa, Enock Alu, adolescente malawiano, è diviso tra le proprie radici e l’autoritaria educazione cinese imposta nell’orfanotrofio. Enock, all’ultimo anno di scuola, deve prendere decisioni difficili sul suo futuro.
  •  "The Velvet Qeen” di Marie Amiguet, Vincent Munier Francia 2021Durata: 92’ Ancora più in alto sugli altopiani inesplorati tibetani, tra cielo e terra, un fotografo e un romanziere, si confrontano in una maestosa esplorazione. Vincent Munier, uno dei fotografi più famosi al mondo, accompagna lo scrittore Sylvain Tesson; entrambi sono alla ricerca della regina di questi luoghi: il leopardo delle nevi, 
  •  “Angulimala” di Sutape Tannirut Thailandia 2003 Durata: 95’ Angulimala, figura mitica del buddhismo Theravāda, nasce in India in una nobile famiglia. Dopo aver attirato le ire del proprio Maestro a causa di alcune calunnie, per punizione gli viene ordinato di uccidere con le sue mani mille persone liberandole dalle loro sofferenze. 
  • "Walk with me", un documentario del 2017 diretto da Marc Francis e Max Pugh, che segue la vita di una comunità di monaci e monache buddisti Zen che seguono l'insegnamento di Thich Nhat Hanh, concentrandosi sull'arte della Mindfulness. 

Fritjof Capra “La rivoluzione della fisica è ancora nel Tao”

 Quando nel 1975 apparve Il Tao della fisica, Fritjof Capra aprì una breccia inattesa tra il pensiero scientifico europeo e le filosofie asiatiche. A mezzo secolo di distanza, quel capolavoro ritorna come la bussola critica in un’epoca dominata dalla logica degli algoritmi e dei server, nella nuova incarnazione di un razionalismo che ha imprigionato la realtà in schemi geometrici e meccanicistici. La fisica quantistica ci invita invece a pensare in termini fluidi, relazionali, non riducibili a formule rigide: un’apertura che le tradizioni asiatiche coltivano da millenni. Il prof. Capra è un fisico, teorico dei sistemi e cofondatore del Center for ecoliteracy a Berkeley, in California, dov’è seduto nel suo studio con, alle spalle, una stampa della danza cosmica di Shiva Nataraja, che gli fa da aureola attorno ai capelli grigi ricci. A 86 anni, è vibrante e acuto come la prosa del libro che lo rese una celebrità della controrivoluzione culturale mezzo secolo fa.


Quale considera l’eredità più duratura de “Il Tao della fisica” nel dialogo tra scienza occidentale e filosofie asiatiche?
«Sono rimasto stupito dalle potenti reazioni emotive che il libro ha scatenato. Poi ho compreso: il cambiamento di paradigma avvenuto in fisica, da una visione meccanicista a una olistica ed ecologica, è un processo che sta investendo oggi tutte le scienze e la società. Non saprei dire quante persone, a volte scoppiando a piangere, mi hanno detto che il libro ha cambiato loro la vita, aiutandole a sentirsi parte di una comunità più ampia che abbraccia una visione sistemica della vita».

Se il misticismo non può essere appreso dai libri, come lei suggerisce, spiegare la filosofia asiatica con categorie scientifiche non rischia di ridurne l’essenza, rendendola più difficile invece che meno difficile da apprendere?
«Se la spiegazione fosse puramente intellettuale e analitica, sarei d’accordo. Ma quando ho scritto Il Tao della fisica, ero coinvolto non solo intellettualmente ma anche emotivamente ed esperienzialmente, e penso che questo traspaia. Ho discusso i paralleli tra fisica e misticismo asiatico vivendo questi paralleli a un livello profondo: molto più di un’analisi teorica. Oggi il mondo è cambiato anche grazie a questo. Negli anni ’70, se dicevi che non potevi partecipare a una riunione per seguire una classe di yoga, meditazione o Qigong, i superiori ti avrebbero licenziato e schernito. Oggi è scontato poter seguire queste vie».

Sì, ma oggi, in Europa e in America tanti si dedicano a pratiche come yoga e meditazione per guadagni materialistici—manager che meditano per essere più efficienti, o chi fa yoga per rimanere competitivo. Molti hanno interpretato “Il Tao della fisica” in chiave pop-culturale. Quali incomprensioni la sorprendono ancora?
«È vero che alcuni gruppi di destra hanno distorto le idee New Age. Ma gli enormi movimenti giovanili sorti con il cambiamento climatico come Sunrise, Fridays for Future, l’impegno del senatore Bernie Sanders, gli effetti del movimento Occupy, vedono il mondo come una rete interconnessa. Oggi quei movimenti alternativi sono tornati underground a causa della tragica ascesa della frammentazione, del nazionalismo, della violenza e della guerra. È una fase transitoria. Sono cicli. Ne usciremo. Un movimento evolutivo come questo cambiamento di paradigma è più grande e più forte delle azioni politiche a breve termine».

La fisica quantistica oggi è più studiata e diffusa di prima. Tuttavia, la società ragiona ancora in termini newtoniani. Perché il salto culturale non è ancora avvenuto nell’integrare la fisica quantistica nella società?
«In medicina, molti dottori, ospedali e l’industria farmaceutica vedono ancora il corpo umano come una macchina da riparare con la chimica, sostituendone un pezzo con la chirurgia. C’è anche un forte movimento di salute olistica che ha visioni diverse, ma l’approccio meccanicista è persistente. Nel management, i dirigenti gestiscono le aziende come meccanismi da mettere a punto per massimizzare il profitto. C’è stato un investimento intellettuale ed economico enorme sul modello meccanicista. Abbiamo una situazione grottesca in cui le corporazioni dell’energia fossile hanno la distruzione del pianeta come modello di business per non perdere gli investimenti. Il passaggio dalla visione meccanicista a quella ecologica sta definendo la nostra era, ma la strada è molto accidentata».

Tornando a “Il Tao della fisica” e all’opposizione tra Parmenide ed Eraclito, l’Essere in alternativa al Divenire: pensa che le filosofie asiatiche propongano un’integrazione?
«Nel Tao della fisica ho definito Eraclito “il taoista greco” per la sua visione dinamica. Sotto ogni struttura, cioè l’Essere, c’è un processo, o insiemi di processi, e la struttura emerge da processi sottostanti. La visione dinamica è qualcosa che possiamo imparare. I due grandi temi che accomunano la fisica moderna e il misticismo asiatico sono l’interconnessione di tutte le cose, e la natura dinamica dell’universo. Questi principi si riflettono nella visione sistemica della vita, che è un processo e una rete. Ecco, questa è un’idea interessante che mi è venuta adesso, quando ha menzionato Parmenide ed Eraclito, Essere e Divenire… pensandoci, nella visione sistemica della vita, la caratteristica di un sistema vivente è il metabolismo. Come diceva la microbiologa Lynn Margulis: “Se metabolizza, è vivo. Se non metabolizza, non è vivo”.
Il metabolismo è il flusso continuo di energia e materia attraverso una rete di reazioni chimiche, con un doppio aspetto: la rete come struttura, il flusso come processo. Questo unifica l’antica dicotomia tra Essere e Divenire... Ora che ci penso, dovrei scrivere qualcosa su questo...».

C’è chi pensa che l’Intelligenza artificiale potrebbe diventare una sorta di metabolismo globale. Infatti, dopo i modelli meccanicisti della Rivoluzione industriale, siamo entrati in una nuova dinamica tecnologica modellata da algoritmi, server e ora Intelligenza artificiale. Pensa che l’Ia sia una nuova prigione concettuale, o un’opportunità di trasformazione nella società?
«Entrambe. Potrebbe trasformarsi in una prigione. Ma dipende per quale scopo viene usata. La maggior parte delle applicazioni attuali punta solo a fare più soldi, a razionalizzare i processi produttivi, aumentando l’efficienza. Quest’attenzione per il profitto è letale. L’Ia è diversa dall’intelligenza naturale, che è inerente a tutta la vita. L’intelligenza che è parte di tutti i sistemi viventi, è sempre organicamente e biologicamente integrata. La sua qualità principale è la capacità di essere nel mondo, sopravvivere ed evolvere. Quando aumentiamo le applicazioni dell’Ia, c’è il rischio che interferiscano con la nostra intelligenza vivente. Viviamo in una società dove la ricchezza è considerata più importante della salute. Nel fare soldi spesso distruggiamo l’ambiente naturale da cui dipende la nostra sopravvivenza. Una civiltà che valuta il guadagno più del benessere umano e della natura non può essere definita intelligente».     Articolo di Carlo Pizzati 

“Nell’era dell’AI stiamo trascurando l’intelligenza umana”,  “Con lo sviluppo dell'intelligenza artificiale abbiamo sopravvalutato algoritmi e altre astrazioni e abbiamo trascurato la nostra intelligenza tacita, incarnata e vivente”.  

Nel suo nuovo libro,   pubblicato nel 2024, I principi sistemici della vita. Idee sulla natura e sull'ecologia umana,  Fritjof Capra asserisce che per comprendere e affrontare alcune delle principali problematiche vissute dal mondo di oggi, occorre assumere una diversa prospettiva, una prospettiva sistemica. Occorre cioè guardare al mondo non più come a una macchina composta da elementi singoli, ma come una rete di combinazioni inseparabili di relazioni.

Quando guardiamo allo stato del mondo di oggi, alla nostra crisi globale su diversi livelli, ciò che è più evidente è che nessuno dei nostri principali problemi – energia, ambiente, cambiamento climatico, disuguaglianza economica, violenze e guerre – può essere compreso separatamente. Sono questioni sistemiche, sono cioè tutte interconnesse e interdipendenti. E per capirle e risolverle, dobbiamo cambiare la nostra prospettiva: non considerando più il mondo come una macchina composta da elementi singoli, ma come una rete di combinazioni inseparabili di relazioni.
Nel corso degli ultimi decenni, Fritjof Capra ha sviluppato una teoria originale di questa nuova comprensione della vita, un orizzonte concettuale che integra quattro dimensioni: biologica, cognitiva, sociale, ed ecologica. Questa visione è raccolta nel volume di culto Vita e natura, scritto insieme a Pier Luigi Luisi, e pubblicato nel 2014.
I principi sistemici della vita raccoglie, ora, i concetti fondamentali di Vita e natura proponendoli con un linguaggio non tecnico ma suggestivo, una summa del pensiero di Capra, che dal Tao della fisica in poi si è distinto come uno dei pensatori più creativi e innovativi del nostro tempo.
Capra ci mostra che il pensiero sistemico avanzato sarà cruciale per risolvere i principali problemi del nostro tempo e ci esorta con urgenza a mettere la vita al centro delle nostre imprese, dell’economia, delle tecnologie, e delle istituzioni sociali, ricordandoci le parole dell’attivista e scrittore David Korten (1937-): “Prospereremo nella ricerca della vita, oppure periremo nella ricerca del denaro: la scelta sta a noi”.

giovedì 9 ottobre 2025

Lo scopo della meditazione

 Queste riflessioni di ispirazione buddhista mi sembrano molto utili per comprendere che spesso possiamo imprigionarci nei nostri pensieri. 

Sono le nostre azioni a definirci, non i nostri pensieri. 

Per andare avanti nella nostra vita,  dobbiamo compiere le azioni giuste, quelle che ci spingono verso la gioia di vivere, uniti (nel senso dello yoga) al mondo. 

Per farlo, dobbiamo conoscere noi stessi e per conoscere noi stessi dobbiamo smettere di pensare o, almeno, eliminare il groviglio di pensieri inutili che ci occupano la maggior parte del tempo e ci impediscono di accedere a noi stessi. 

Questo è lo scopo della meditazione.

La meditazione e il cervello

Riflessioni di Olivier Liv Brunet.

Le 9 cose fondamentali che ho imparato in 65 anni.  


1. Il tuo cervello crede a ciò che ripeti 
Il mio cervello non ha accesso alla verità. Crede solo a ciò che continuo a ripetergli. 
2. I tuoi pensieri plasmano le tue emozioni 
I miei pensieri plasmano le mie emozioni. 
3. Le tue emozioni forgiano chi sei 
Le mie emozioni condizionano le mie azioni e le mie azioni forgiano la mia identità. 
4. Cambiare è sempre possibile 
Il mio cervello si riorganizza costantemente, indipendentemente dalla mia età: quindi ho la possibilità di cambiare. 
Se ripeto qualcosa abbastanza spesso e con sufficiente emozione, il mio cervello inizierà a crederci. 
5. Esercitati a parlare a te stesso come al tuo migliore amico 
Ecco perché l'allenamento spirituale e mentale è così essenziale. Si tratta di usare il mio cervello per parlare alle cellule del mio corpo. Il modo in cui parlo a me stesso modella il modo in cui mi percepisco, e la mia vita mi restituirà l'immagine di chi penso di essere. 
6. Il tuo cervello approva ciò che immagini 
Il mio cervello non fa differenza tra realtà e immaginazione. Quando visualizzo una versione di me stesso calma, sicura, in pieno possesso delle mie capacità, è come se riconfigurassi il mio cervello affinché ci creda. 
7. Scegli solo i pensieri utili 
Non sono il proprietario dei miei pensieri; essi mi visitano. Posso scegliere esclusivamente quelli che mi sono utili e lasciar passare gli altri, come nuvole nel cielo. 
8. Il tuo corpo è la tua bussola 
La mia volontà non sarà mai sufficiente per liberarmi di una sensazione spiacevole. Ma posso cambiare il mio modo di pensare. Le emozioni che rifiuto rimarranno immagazzinate nel mio sistema nervoso. Ecco perché, per stabilire una rotta nella mia vita, il mio corpo è la mia bussola definitiva. 
9. Riprogramma il tuo futuro 
La maggior parte dei miei comportamenti sono automatici e inconsci. Il mio cervello indovina cosa succederà basandosi sulle mie esperienze passate. Se modifico i dati che contiene, posso cambiare il futuro. 
Cambia le tue storie, cambia la tua vita.

Che cos’è una postura di yoga (asana)?

Prima di tutto, soffermiamoci sul termine asana. Questo termine indica, in generale, una posizione destinata alla meditazione. Letteralmente, asana può essere tradotto come “modo di sedersi”. Alcune rappresentazioni delle diverse posture risalgono a 2500 anni prima di Cristo. Ancora oggi, queste posizioni permettono a chiunque di scoprire e migliorare la propria pratica dello yoga, beneficiando di vantaggi specifici.

Ecco alcune delle posizioni più comuni della disciplina.

  • - Cane a testa in giù (Adho Mukha Svanasana). Il cane a testa in giù è una delle posizioni più conosciute dello yoga. In modo piuttosto semplice, consiste nel formare una piramide con il corpo. Partendo a quattro zampe sul tappetino, si posizionano le ginocchia sotto i fianchi e le mani sotto le spalle, con i palmi a terra e le dita leggermente divaricate. Espirando, si sollevano le ginocchia e i talloni, spingendo sulle mani. Bisogna portare il bacino e i glutei verso l’alto, verso il soffitto, e distendere completamente le gambe. In questo momento, i talloni dovrebbero tornare a toccare il tappetino. Si spinge sugli indici, si stendono le braccia e si posiziona la testa tra di esse. 
  • -Postura della montagna (Tadasana)- A differenza del cane a testa in giù, che può risultare difficile per un principiante, la postura della montagna è molto semplice.In piedi, con i piedi uniti e le braccia lungo i fianchi, si fa pressione sulle dita dei piedi per trovare l’equilibrio. Inspirando, si sollevano le braccia e si uniscono le mani sopra la testa, con i palmi rivolti verso il cielo. Poi ci si solleva sulle punte dei piedi, si contraggono bacino e cosce e si apre il torace trattenendo il respiro. Infine, si espira lasciando cadere lentamente le braccia lungo i fianchi, tornando alla posizione iniziale. 
  •  -Postura del bambino (Balasana). Si inizia da seduti, con le gambe distese davanti a sé. Poi si piegano le gambe portando i talloni sotto i glutei e le cosce sulle caviglie. Dettaglio importante: i due alluci devono toccarsi. Poi ci si piega in avanti, portando la fronte a terra e le mani dietro i glutei.

Posizioni di yoga per principianti

  • -  Postura del cobra (Bhujangasana). Si comincia sdraiati a pancia in giù. Come per il cane a testa in giù, le mani sono posizionate sotto le spalle. Spingendo verso il basso con piedi e mani, si portano le spalle indietro stringendo le scapole al massimo. Infine, si solleva il torace mantenendo le gambe a terra, e si mantiene la posizione.
  • - Postura del gatto e della mucca. Inginocchiati, con le mani sotto le spalle e le ginocchia allineate con i fianchi. Inspirando, si inarca la schiena guardando verso l’alto e avvicinando le scapole. Espirando, si arrotonda la schiena e si porta la testa tra le braccia.
  • - Postura del ponte. Si inizia da seduti, con la schiena dritta e le mani sui fianchi, le gambe unite e distese davanti a sé. Si portano le mani dietro, si apre il torace e si spinge sulle braccia per sollevare il corpo, mantenendo le piante dei piedi a terra. Inspirando, si solleva il busto e si lascia cadere la testa all’indietro.

Posture di yoga intermedie

  • - Postura del piccione (Kapotasana). Si parte dalla posizione del cane a testa in giù, poi si porta un ginocchio dietro il polso dello stesso lato. Il polpaccio si appoggia al suolo, formando una specie di “V”. L’altra gamba rimane distesa all’indietro. Si mantiene poi la posizione.
  • - Postura della candela (Sarvangasana). Sdraiati sulla schiena, si piegano le ginocchia e si appoggiano i piedi al suolo. Si sollevano le gambe portando le ginocchia verso il petto. Si mettono poi le mani sui fianchi e successivamente sul centro della schiena, mentre le ginocchia passano sopra la testa. Espirando, si sollevano torace e bacino. Infine, si distendono le gambe portando i piedi il più in alto possibile, finché il corpo non assume la forma di una candela. Per evitare di perdere l’equilibrio, è importante mantenere i gomiti vicini.

Posizioni avanzate e difficili

  • - Postura del loto (Padmasana). È la posizione più famosa dello yoga. Si comincia seduti, con la schiena dritta e le gambe distese davanti. Si piegano le ginocchia per sedersi a gambe incrociate, si uniscono pollice e indice, e si appoggiano i polsi sulle ginocchia. Sembra semplice? Esistono versioni più complesse, in cui i piedi vengono posizionati sopra le cosce, e non sotto. Infine, si apre il torace ed estende la colonna vertebrale.

 Posture tradizionali dello Hatha Yoga
Molte posture fanno parte di ciò che è considerato Hatha Yoga. Tra queste troviamo la candela, l’aratro, la pinza, il cobra, l’arco, il triangolo e il cane a testa in giù. Poiché esistono ben 84 posizioni diverse, non è possibile elencarle tutte qui.
- Posture in piedi per migliorare l’equilibrio
Ogni asana ha i propri benefici. Chi desidera migliorare equilibrio, postura o ridurre il mal di schiena è nel posto giusto.
- Postura dell’albero (Vrikshasana)
In piedi, con le braccia leggermente discostate dal corpo e il torace rivolto verso il cielo. Si sposta il peso sul piede sinistro, si solleva il piede destro e lo si appoggia sulla caviglia, sul ginocchio o sulla coscia (per i principianti, è meglio la caviglia). Le mani vengono unite davanti al petto, come in un gesto di preghiera.
- Postura del guerriero I (Virabhadrasana I)
Si parte da un affondo alto, con una gamba dietro e le mani sui fianchi. Il tallone posteriore è a terra, inclinato a circa 45 gradi. Il ginocchio anteriore è allineato con il piede. Le anche devono essere rivolte in avanti e le mani si alzano sopra la testa, con i pollici rivolti verso l’interno.
Posizioni di rilassamento e antistress
Per rilassarsi, svuotare la mente e ridurre lo stress, esistono molte opzioni, come la postura del loto. Anche - le posture della farfalla o della rana sono ottime per rilassarsi e distendere corpo e mente.
Posizioni per migliorare la digestione
Lo yoga non serve solo a migliorare postura, equilibrio o benessere mentale. Alcune asana aiutano anche la digestione: il cobra, il gatto-mucca e la pinza sono ottimi esempi.
Posizioni per favorire il sonno
Come per la digestione, anche la postura del cobra può favorire il sonno. Lo stesso vale per la candela e la postura del bambino.
Sequenza di posture: il Saluto al Sole.  Il Saluto al Sole è una sequenza di 12 posizioni (in un ciclo di andata e ritorno) che simboleggia il ciclo dei mesi dell’anno. È composto come segue:

  •     Postura della montagna
  •     Mezza luna all’indietro
  •     Pinza
  •     Affondo basso
  •     Panca
  •     Blocco
  •     Saluto degli otto punti
  •     Cobra
  •     Cane a testa in giù
  •     Affondo basso
  •     Pinza
  •     Mezza luna all’indietro

Consigli per praticare in sicurezza
Per praticare yoga in modo sicuro, è importante non avere fretta.
Ricorda: indipendentemente dal livello delle persone intorno a te, lo yoga non è una competizione. Prenditi il tuo tempo, respira e segui le istruzioni. Se un asana è troppo difficile, non forzare. Con la pratica, riuscirai a padroneggiarlo: la chiave è la pazienza.

Le posizione di yoga dovrebbero essere mantenute per alcuni minuti, come ad esempio quella del bambino; altre, per meno tempo. L’importante non è resistere oltre le proprie forze. Per le posizioni più difficili, 5–10 secondi possono già essere sufficienti.

sabato 13 settembre 2025

Letture Luminose 2025-2026

La nostra iniziativa è ormai al sesto anno e prosegue con la convinzione, sempre maggiore, che la lettura sia un bene da coltivare.
Continuiamo con la formula che ci ha portato fino qui: un incontro ogni due settimane, sempre di mercoledì alle 18.30, per una lettura antologica dal testo via via proposto, seguito da un sereno dibattito tra di noi.    

Per iscriversi occorre mandare una mail a fpistolato@yahoo.it con la dicitura: CICLO LETTURE LUMINOSE 2025-2026. Il link di accesso verrà fornito alla vigilia di ogni incontro, che verrà registrato e inviato poi a tutti gli iscritti, i quali potranno seguire comunque il ciclo, qualora non sia stato loro possibile partecipare alla diretta.        L’iniziativa è gratuita. 


Profili dei conduttori del ciclo
Roberto Fantini ha felicemente insegnato Filosofia e Storia al liceo per oltre 40 anni, desiderando invano di proseguire per almeno altrettanti. È impegnato nella Educazione ai diritti umani, scrittore e giornalista freelance.
Cesare Maramici ha insegnato informatica e svolto il ruolo di formatore nel campo delle nuove tecnologie. Pratica yoga e meditazione da 30 anni. Ama i viaggi, l'Oriente e le filosofie orientali, specialmente il buddhismo.
Francesco Pistolato ha accumulato vari titoli di studio. Si è reso sempre meglio conto che questi non avevano senso se non accompagnati da una consapevolezza adeguata. Il ciclo Letture luminose lo aiuta ad affrontare i tempi che ciascuno di noi, volens nolens, si trova a vivere.

Programma e calendario del ciclo “Letture luminose 2025-2026”
Gli incontri si svolgeranno su piattaforma Zoom, con cadenza quindicinale, il mercoledì dalle 18.30 alle 20.00, laddove l’ultima mezz’ora sarà dedicata al dibattito. 

08.10.2025

José “Pepe” Mujica, Non fatevi rubare la vita, a cura di Francesco Pistolato

22.10.2025

Matthieu Ricard, Sei un animale! Perché abbiamo bisogno di una rivoluzione animalista, a cura di Roberto Fantini

5.11.2025

Massimo Citro Della Riva, Illusione, a cura di Francesco Pistolato

19.11.2025

Angelo Tonelli, Nel nome di Sophia. Un manifesto contro il Transumanesimo, a cura di Francesco Pistolato

3.12.2025

Mario Thanavaro, Dalla sofferenza alla gioia, a cura di Cesare Maramici

17.12.2025

Arthur Schopenhauer, Religione ed etica, a cura di Roberto Fantini

07.01.2026

Neville Goddard, Il potere della consapevolezza, a cura di Francesco Pistolato

21.01.2026

Franco Fracassi, Keir Bowman, 1969: A Moon Odyssey, a cura di Francesco Pistolato

04.02.2026

Maria Ressa, Come resistere a un dittatore, a cura di Cesare Maramici

18.02.2026

Richard Gerber, Medicina vibrazionale, a cura di Francesco Pistolato

04.03.2026

Ludwig Feuerbach, L'essenza del cristianesimo, a cura di Roberto Fantini

18.03.2026

Theo Fischer, Wu Wei, L’arte di vivere del Tao, a cura di Francesco Pistolato

01.04.2026

Rupert Sheldrake, Le illusioni della scienza, a cura di Francesco Pistolato

15.04.2026

James Hillman, L’anima del mondo e il pensiero del cuore, a cura di Francesco Pistolato

29.04.2026

Voltaire, Dizionario filosofico, a cura di Roberto Fantini

Plaidoyer por les animaux - Matthieu Ricard

Il testo di Matthieu Ricard  Plaidoyer pour les animaux, tradotto in italiano Sei un animale, presenta la storia, le riflessioni e le implicazioni del nostro rapporto con gli animali.      

Nel corso della storia, il rapporto tra gli esseri umani e gli animali è stato oggetto di profonde trasformazioni, passando da un'antropocentrica superiorità a un crescente riconoscimento della loro soggettività e capacità di soffrire. Il presente saggio si propone di ripercorrere, attraverso un’analisi storica, filosofica, scientifica e giuridica, le tappe fondamentali che hanno condotto all’attuale riflessione sul diritto degli animali, sottolineando le contraddizioni etiche, i meccanismi di negazione sociale e l’urgenza di un cambiamento sistemico.    

L’evoluzione del pensiero occidentale ha spesso subordinato gli animali a uno status di inferiorità, legittimando così il loro sfruttamento. Come evidenziato da Matthieu Ricard, nelle sue riflessioni filosofiche e morali, tale visione ha radici tanto nella religione quanto nella filosofia moderna. La concezione cartesiana degli animali-macchine, privi di coscienza, ha segnato profondamente il pensiero occidentale, contrapponendosi a visioni più compassionevoli come quella di Pitagora e Ovidio, che rispettivamente praticavano il vegetarianismo e consideravano la carne un alimento decadente.

Nel contesto religioso, la tradizione ebraica pone particolare attenzione al trattamento degli animali: nella Torah si legge il divieto di infliggere dolore a qualsiasi essere vivente, e nel Talmud si afferma l’importanza del trattamento umano degli animali. Anche il cristianesimo, attraverso figure come San Francesco d’Assisi e, più recentemente, Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco, hanno espresso messaggi di rispetto verso tutte le creature viventi.

Le tradizioni orientali, come il buddhismo, il jainismo e l’induismo, hanno da sempre valorizzato la nonviolenza (ahimsa) e la compassione verso ogni forma di vita. Gandhi ha rappresentato uno dei principali promotori moderni di questa sensibilità, che si riflette in una popolazione indiana per il 35% vegetariana. In Bhutan, la caccia e la pesca sono vietate per legge.

Le basi scientifiche ed etiche del cambiamento.  A partire dal XVIII secolo, numerosi intellettuali iniziarono a mettere in discussione la moralità dello sfruttamento animale. Figure come Jean Meslier, Thomas Tryon, Isaac Newton, Arthur Schopenhauer e Percy Shelley denunciarono apertamente la crudeltà verso gli animali, spesso connessa a quella esercitata sugli esseri umani. Upton Sinclair e Ruth Harrison, nei loro scritti del XX secolo, denunciarono le condizioni aberranti degli allevamenti industriali.

La svolta scientifica giunse grazie a studiosi come Jane Goodall e Frans de Waal, che dimostrarono l’esistenza di emozioni complesse e forme di empatia negli animali. Nel 2021, la Dichiarazione di Cambridge ha sancito che gli animali posseggono substrati neurologici della coscienza simili a quelli umani.

Nonostante le conoscenze scientifiche e le evidenze etiche, la società continua a ignorare sistematicamente la sofferenza animale. Melanie Joy, nel suo saggio Why We Love Dogs, Eat Pigs, and Wear Cows, descrive il concetto di "carnismo", ovvero l'insieme di credenze invisibili che giustificano il consumo di carne. I meccanismi psicologici alla base includono la dissonanza cognitiva, la desensibilizzazione e l’occultamento mediatico. I documentari come Earthlings, Food Inc. e LoveMEATender, raramente trovano spazio nella programmazione televisiva, mentre la pubblicità promuove una narrazione rassicurante sull’allevamento umano degli animali.

Le conseguenze ambientali, sanitarie e sociali. L’allevamento intensivo non solo infligge sofferenze indicibili agli animali, ma ha anche impatti devastanti sul piano ecologico, sanitario e sociale. Ogni anno vengono macellati 60 miliardi di animali terrestri e 1.000 miliardi di animali marini. Il 60% delle terre agricole e il 45% delle risorse di acqua dolce globali sono impiegate per produrre alimenti destinati al bestiame. Secondo l’istituto EPIC, il consumo di carne rossa è associato a un incremento del 35% del rischio di tumore al colon.

L’antibiotico-resistenza rappresenta una delle minacce sanitarie più gravi: l’80% degli antibiotici negli Stati Uniti è somministrato ad animali da allevamento. Inoltre, lo spreco di cereali per nutrire il bestiame aggrava la fame nel mondo: un ettaro di terra può sfamare 50 persone vegane o solo 2 carnivore.

Dietro le quinte dell’industria della carne si cela una realtà brutale. Gli animali sono spesso sottoposti a mutilazioni, vivono in condizioni igieniche precarie e, in molti casi, vengono macellati ancora coscienti. Le etichette "biologiche" non garantiscono una vita dignitosa: nella maggior parte dei casi, indicano semplicemente un’alimentazione diversa, ma non la possibilità di accedere all’aperto o di evitare la sofferenza.   Un’indagine finanziata dal Ministero dell’Agricoltura francese ha rilevato che solo il 14% della popolazione considera inaccettabile allevare animali per mangiarli, ma il 65% non sarebbe in grado di assistere alla loro uccisione. Come affermava Elie Wiesel, "il silenzio favorisce il carnefice, mai la vittima".

Il concetto di "specismo", introdotto da Richard Ryder, evidenzia la discriminazione morale tra le specie. Esso è paragonabile, secondo alcuni studiosi, a forme di oppressione come il razzismo o il sessismo. La genetica ha ormai dimostrato che lo scimpanzé condivide con l’uomo il 98,7% del patrimonio genetico, e diversi studi hanno mostrato comportamenti empatici e cognitivi complessi anche in specie ritenute "inferiori".   David Chauvet sottolinea che non dovremmo esigere da un essere vivente la capacità di raziocinio per riconoscerne il diritto alla vita. Il riconoscimento delle emozioni negli animali deve comportare l’assunzione di una responsabilità morale nei loro confronti.

Non meno gravi sono le forme di intrattenimento che prevedono l’uso di animali: circhi, zoo, corrida, pesca sportiva, traffico illecito di fauna. Tali attività non solo causano sofferenze gratuite, ma alimentano un’industria illegale e spesso criminale, con gravi ricadute su biodiversità, ecosistemi e legalità internazionale.

A livello legislativo, si stanno compiendo progressi. In Francia, dal 2014, il Codice Civile riconosce gli animali come "esseri senzienti". Tuttavia, la strada verso una reale protezione giuridica è ancora lunga. Si auspica una democrazia interspecifica, che includa nel patto sociale anche i diritti degli esseri non umani.   Il concetto di "zoocidio", proposto come analogo al genocidio, mira a sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sulle uccisioni di massa sistematiche e sulla necessità di una Convenzione internazionale che riconosca questo crimine contro il vivente.

L’utilizzo di animali nei laboratori pone dilemmi morali irrisolti. Da un lato, l’utilitarismo giustifica il sacrificio di pochi per il bene di molti; dall’altro, l’etica deontologica rifiuta ogni forma di strumentalizzazione dell’essere senziente. Inoltre, la validità scientifica dell’estrapolazione da animale a uomo è sempre più contestata, e numerosi metodi alternativi — modelli digitali, colture in vitro, organoidi — sono oggi disponibili.

Molte giustificazioni ricorrenti — tradizione, salute, ordine naturale — sono prive di fondamento scientifico. La nutrizione vegetariana è del tutto compatibile con uno stile di vita sano e completo: proteine si trovano in legumi, vitamina B12 in uova e latticini, calcio in verdure a foglia verde. Atleti di alto livello come Carl Lewis, Novak Đoković e Martina Navratilova dimostrano che il vegetarianismo è compatibile anche con prestazioni sportive di eccellenza.

Il nostro tempo è chiamato a una profonda riflessione morale. Non si tratta solo di difendere gli animali, ma di difendere la nostra stessa umanità, la coerenza dei nostri valori e la sostenibilità del nostro futuro. Come affermava Claude Lévi-Strauss, "arriverà il giorno in cui ci stupiremo dell’orrore nel vedere le carcasse degli animali esposte nei negozi". Quel giorno sarà forse l’alba di una nuova etica: quella della compassione universale.

Introduzione al Blog

  Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono c...